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LA PATRIA ED I SUOI EROI
Parte 4: LA VITA E LE OPERE DI VINCENT VAUGHN
Vincent Vaughn non avrebbe mai voluto essere
una persona speciale, ma il destino è spesso beffardo e si è preso gioco di
lui. Più di una volta. E pensare che alla nascita era un bambino come tanti
altri, senza nessuna malformazione o capacità particolare. Cosa che si
protrasse per i primi anni della sua vita. No, non era affatto un ragazzo
speciale, solo molto timido con le ragazze che lo schernivano spesso per via
del fatto che non era esattamente un mostro di bellezza (un mostro lo sarebbe
diventato però). Ma lui non si arrabbiava, lasciava passare e basta. Con gran
disappunto di suo padre, che gli ripeteva sempre, continuamente la stessa
frase:”Il controllo, figlio mio. Se controlli le persone, la strada davanti a
te sarà più agevole”.
Poi comparve: quello strano colorito della sua pelle. Così, d’ improvviso,
inaspettato, da una notte all’ altra: Vincent Vaughn scoprì che c’era qualcosa
di insolito quando venne svegliato dalle urla di sua madre. Si recò al più
vicino specchio ed aggiunse anche le sue grida. Gli sembrò di essere
precipitato in un racconto di Kafka. Si lavò più volte la faccia, come se l’
acqua contenesse qualche elemento magico, ma inutilmente. Vennero consultati
decine di dottori, i quali diedero tutti la stessa diagnosi:”Vostro figlio è in
perfetta salute, signori Vaughn. Ma non riesco a spiegarmi come mai la sua
pelle abbia assunto quello strano colorito”.
I Vaughn vivevano in un piccolo paese, Millertown nel Vermont, e non potevano
di certo tenere nascosto per sempre questo particolare. Il padre del ragazzo
non riuscì a sopportare l’ onta e gli sguardi di curiosità e malcelato cinismo
dei suoi concittadini, questo senza contare che da tempo la relazione con sua
moglie attraversava una profonda crisi: dunque se ne andò di nascosto una
notte, senza avvertire, per non tornare mai più. Al povero Vincent venne dato
del lebbroso più volte: quando fu fatto notare che nessuno moriva più di
lebbra, si passò all’ appellativo di sieropositivo. Con fatica, sua madre lo
convinse a tornare a scuola, al liceo: ma lì gli scherni settimanali dei suoi
compagni e delle sue compagne divennero quotidiani per via di questa sua
insolita caratteristica. Il povero ragazzo arrivò ben presto al limite di
sopportazione.
E così un giorno, dopo l’ ennesimo dileggio da parte di una ragazza,
esclamò:”Vatti ad impiccare, Melissa!”.
La ragazza smise improvvisamente di parlare e, con uno sguardo spiritato, si
allontanò. Vincent non ci fece neanche caso. Ma quando, quindici minuti dopo,
sentì delle urla provenire dal bagno delle ragazze, ebbe come un presentimento:
si fiondò dentro, a discapito di tutte le buone maniere. E lì c’era Melissa:
aveva legato i lacci delle sue scarpe per creare una sorta di cappio in cui
infilare il proprio collo e poi si era issata con una sedia fino ad un
lampadario. E si era uccisa. Come le aveva chiesto Vincent.
“Sono stato proprio io?” si chiese. Non c’era disperazione nella sua voce o
senso di colpa, solo curiosità.
Tornò a casa, continuando a farsi questa domanda. Mangiò di buon grado, mentre
la madre discuteva con angoscia di quanto successo con i vicini di casa,
continuando a farsi questa domanda. Studiò, continuando a farsi questa domanda.
Andò a dormire, continuando a farsi questa domanda. Finché la mattina dopo
decise di trovare la risposta.
Ritornò al liceo e si avvicinò a Bree Kowalski, la più carina di tutte. Quella
che aveva sempre rifiutato le sue attenzioni, ridendo alle sue spalle. “Ehi, ci
manca uno per il ballo. Che ne dite di Vaughn?”. “Quello non riuscirebbe a
distinguere un valzer da un cha-cha-cha”. Sì, questo aveva detto di lui, ma
stava per farle rimangiare quelle parole.
Come lo vide arrivare, Bree cercò di evitarlo. “Lasciami in pace, Vincent. Non
è il momento”.
“Fermati” le intimò lui guardandola in faccia. Lei gli obbedì. “Seguimi”. Lei
gli obbedì.
La condusse in un boschetto adiacente, dove nessuno sarebbe venuto a
disturbarli. Vincent la guardò per lunghi istanti, poi le ordinò. “Baciami.
Sulle labbra”. Era sicuro che, se Bree fosse stata in sé, non avrebbe mai fatto
una cosa del genere. Ed invece… la ragazza gli si avvicinò e gli posò un
delicato bacio. Terribile in quanto a passione, ma Vincent sentì di andare in
estasi, una sensazione che durò troppo poco.
Bree si staccò. Vincent non era ancora convinto dei suoi poteri, o meglio,
voleva divertirsi ancora un po’. “Spogliati” fu stavolta l’ ordine. Questa era
la prova definitiva.
La ragazza non esitò un istante: anche se il suo meccanico togliersi i vestiti
non aveva nulla di eccitante, per Vincent era come essere in paradiso. Ed alla
fine ebbe la risposta alla domanda che tutti i ragazzi del liceo si ponevano:
Bree Kowalski non portava biancheria intima. La contemplò per alcuni minuti,
certo di poter andare ancora oltre. Ma decise di fermarsi. Poteva ottenere di
meglio, le donne più belle del mondo si sarebbero piegate ai suoi piedi.
Attrici, principesse... Cosa gli importava di una arrogante studentessa? Dunque
se ne andò, lasciando sola la povera Bree.
Costei ritornò in sé qualche minuto dopo e trattenne un urlo solo perché
consapevole che tutti sarebbero accorsi sul posto all’ istante e l’ avrebbero
vista nuda. Raccolse così in fretta i suoi vestiti e scappò a casa, in lacrime,
dimentica di tutto quello che le era successo.
Vincent Vaughn invece era tutto tranne che disperato: in pochi giorni prese la
sua decisione, Millertown non era una città dove poter soddisfare tutti i suoi
desideri. Un mondo intero lo attendeva e lui non intendeva farlo aspettare. Suo
padre aveva ragione: se controlli le persone, controlli anche la tua vita e gli
ostacoli svaniranno di fronte a te. Così Vincent partì, sua madre incapace di
protestare in quanto lui non glielo consentì. Vagò a lungo per il mondo, senza
farsi troppe questioni esistenziali.
Fino al giorno in cui comprese la sua vera natura.
Millertown, base sotterranea AIM.
Thin Man, Vagabond, American Dream e Capitan
America: quattro eroi, quattro patrioti. Attualmente catapultati in una brutta
situazione. Sono penetrati da pochi secondi in questa base, ma già sono stati
accerchiati da numerosi uomini con la celebre tuta gialla. Altri si
abbandonerebbero alla disperazione, ma non loro: non un uomo che combatte da
più di sessant’anni o tre persone forgiate dal miglior soldato che sia mai
esistito.
“E poi dici che non ti porto mai in posti interessanti” dice Jeff Mace a sua
sorella.
“Uccideteli!” è l’ inevitabile ordine di quello che sembra il capo di questa
combriccola.
I fucili energetici imbracciati dagli uomini con la tuta gialla iniziano a fare
fuoco, ma per quanto siano veloci non possono competere con l’ agilità e la
forza di Cap e soci.
“Forza, sono solo quattro…!” si sente in dovere di precisare un criminale prima
di essere steso con un pugno da Priscilla Lyons.
“Capitan America, qui ce ne possiamo occupare noi” afferma Thin Man “Tu vai a
cercare quel tuo amico”.
Jeff Mace annuisce, certo di potersi fidare dei suoi compagni, e facendosi
strada tra gli uomini dell’ AIM penetra sempre più in profondità nella base.
Forse però le parole di Bruce Dickson sono state premature in quanto poco dopo
un uomo con la tuta gialla riesce a sorprendere American Dream, colpendola col
calcio del fucile dietro la testa. Riversa al tappeto, la donna non è in grado
di reagire: ma in suo soccorso giunge un altro eroe in costume. Un eroe
riemerso dal passato.
“Nessuno fa del male ad una donna indifesa finché c’è Bucky!”. Disarma il
criminale e, senza che ce ne sia bisogno, gli spezza il braccio. L’ uomo urla
di dolore prima di svenire.
“Ma cosa…” si interroga Lizzie Mace. Un Bucky afroamericano?
Più in là.
Un uomo osserva la battaglia in corso da una
sala piena di schermi.
“Capitaine, mes amis, pare sia proprio giunto il momento di affrontarci”.
E con agili balzi esce dalla stanza.
All’ esterno.
Vincent Vaughn, il Corruttore, Mentallo ed il
Controllore osservano la botola da cui si è calato Aegis per inseguire Mick The
Gick.
“Propongo di entrare” dice Vincent.
“Ma perché? È inutile” protesta Jackson Day “Cosa c’è di così importante là
dentro?”.
“Un’ arma per sconfiggere i miei nemici”.
“Non ti bastano i tuoi poteri ipnotici?” chiede Basil Sandhurst.
“Sono nemici astuti ed hanno molti mezzi a loro disposizione: ma se io li rendo
impotenti, saranno più facili da sottomettere”.
“Non potresti andare da solo?” chiede Marvin Flumm “Hai proprio bisogno di
noi?”.
“Ho detto… entriamo!” proclama Vincent Vaughn mentre il familiare bagliore
rosso compare nei suoi occhi. I suoi compagni lo seguono senza più contestarlo.
Base sotterranea AIM.
Ecco, l’ ha appena visto svoltare un angolo.
Trey Rollins segue il suo ex amico Mick lungo i corridoi di questa immensa
costruzione. Improvvisamente degli uomini in tuta gialla si parano sulla sua
strada, ma lui se ne sbarazza con estrema facilità prima ancora che essi
possano prendere la mira. Alla fine Aegis entra in un’ ampia stanza e vi trova
Mick: ma non è più disarmato come prima. Ora è all’ interno di un esoscheletro.
“Dov’è Trey? E chi saresti tu?” chiede.
“Sono Aegis e tu sei finito” ribatte il ragazzo.
Mick, pieno di boria, si lancia contro l’ eroe. “Vediamo come riesci a fermarmi!”
proclama trionfante.
Da un suo guanto fuoriesce una raffica energetica, che Trey Rollins evita per
miracolo. Si libra poi in volo e sferra un pugno al suo ex amico, ma la corazza
che indossa riesce a proteggerlo.
“Ti sei condannato da solo, eroe!”.
La raffica energetica emessa stavolta centra Aegis dritto in mezzo alla sua
corazza: rimbalza all’ indietro, fino a sbattere contro una parete. Ma c’è
anche qualcos’altro: la corazza donatagli da Atena sta brillando. Intensamente.
“Cosa diavolo vuol dire?” si interroga Mick.
La risposta gli arriva quando la corazza gli rimanda la stessa raffica
energetica da lui sparata poco fa e, oltre a mandare in pezzi l’ esoscheletro
di cui è rivestito, lo mette ko. Prima di perdere i sensi, esclama rivolto ad
Aegis:”Ma chi sei tu?”.
“Non lo so ancora, Mick” pensa Trey “Immagino che lo scoprirò… col tempo”.
“Davvero impressionante” afferma in quel momento una voce alle sue spalle.
Il ragazzo si volta e nota quattro loschi figuri, ma prima che possa replicare
gli occhi di uno di loro iniziano a brillare, di una intensa luce rossa. Una
luce invitante, seducente, a cui non si può resistere. E poco dopo lo sguardo
di Aegis è perso nel vuoto.
“Avrò proprio bisogno di uno come te quando andrò in Canada” dice Vincent
Vaughn “E credo proprio che non sarai il solo ad accompagnarmi”.
In un’ altra stanza.
È incredibile il dispiegamento di forze dell’
AIM in questa base: ci sono decine di uomini. Di alcuni Capitan America si è
sbarazzato con relativa facilità, ma altri si rivelano un osso decisamente
duro. Dopo tanti scontri infruttuosi e amare sconfitte subite per colpa dei
supereroi, infatti, gli scienziati di questa organizzazione hanno cominciato ad
allenare anche il loro corpo oltre che la loro mente. Jeff Mace lo scopre a sue
spese quando un omone in tuta gialla lo abbranca da dietro, lo solleva da terra
ed inizia a stringere forte.
“Se uccido Capitan America, il Concilio Imperiale mi ricompenserà
adeguatamente” pensa costui. “Sei finito, bastardo!” urla poi.
“Non ci contare troppo” ribatte Jeff, che pure sta soffrendo la situazione.
Però non si perde d’ animo: con una gomitata coglie il setto nasale dell’ uomo,
che per il dolore è costretto a rilasciarlo. Prima ancora di atterrare, l’ eroe
a stelle e strisce ha sferrato un violento calcio all’ addome del suo
avversario. E prima che costui possa riprendersi, Cap gli è addosso e dopo due
pugni trova la forza per sbatterlo contro una parete e metterlo ko.
Jeff Mace si massaggia le mani doloranti e recupera il suo scudo caduto a terra.
Giusto in tempo: da un’ altra sala spunta un altro sgherro dell’ AIM, il quale
sta imbracciando un fucile energetico. Il primo colpo viene parato dallo scudo,
ma l’ impatto è talmente violento che proietta Capitan America alcuni metri
indietro.
“Non devo indietreggiare ulteriormente” pensa il ragazzo “Forza, Jeff, come ti
hanno insegnato Sam e Clint”.
Cap inizia a compiere alcuni balzi contro le pareti: è velocissimo, agilissimo,
l’ uomo dell’ AIM praticamente non riesce ad inquadrarlo e lo manca sempre.
Alla fine Jeff Mace gli è praticamente ad un metro. Il fucile fa nuovamente
fuoco, ma stavolta l’ eroe riesce a resistere, chiudendo al contempo gli occhi.
Il riverbero del colpo, infatti, acceca temporaneamente il suo avversario, che
abbandona la presa sulla sua arma. È il suo ultimo errore: Capitan America gli
sferra un destro sufficiente a mandarlo nel mondo dei sogni.
Poi entra nella stanza da cui lo sgherro dell’ AIM aveva fatto capolino.
Eccolo, l’ ha trovato: il Maggiore Libertà, anche se in questo momento è
incosciente. È stato in qualche modo reso inerme ed ora è tenuto legato ad una
sorta di tavolo operatorio sospeso in verticale, con ampie manette a bloccare
le sue mani e le sue gambe.
Ma prima che Capitan America possa liberarlo, qualcuno balza contro di lui. L’
eroe se ne accorge in tempo e si abbassa prontamente, evitando di essere
colpito da un calcio volante. Un calcio sferrato da un uomo che sta imparando a
conoscere bene. Anche troppo bene.
“Dunque ci rincontriamo, Batroc” dice Jeff.
“Oui, mon Capitaine, je croix che tu sarai sconfitto anche oggi”.
“Non ho mai capito perchè ti ostini a fare questa commistione tra due lingue,
sei negli Stati Uniti da una vita ormai. E non hai mai concluso nulla di
buono”.
“Il vecchio Cap non avrebbe usato questo tono con me”.
“Infatti io non sono il vecchio Cap, cochon… ehi, l’ ho detto bene?”.
“Preparati a combattere, Capitano. A meno che tu non abbia paura”.
Jeff Mace si mette in posizione. “Paura? Credi forse che questa lettera
significhi Francia?” ribatte indicando la A sulla sua maschera.
“Con questa frase hai segnato la tua condanna”.
“Le soliti frasi altisonanti che pronunciano i supercriminali” conclude l’ eroe
lanciandosi contro il suo avversario.
Palazzo dei Vendicatori.
“Ehi, Monica” dice Occhio di Falco “Cap e i
suoi sono già partiti?”.
“Sì, Clint” risponde Photon “Come mai me lo chiedi?”.
“Non mi sarebbe dispiaciuto aggregarmi, adoro quella combriccola che ha messo
su. Una bella sfida per lui riuscire a guidarli”.
“Credi che ce la farà?”.
L’ arciere annuisce. “Quel ragazzo è uno dei migliori combattenti che abbia mai
incontrato. Ed anche se non lo ammetterebbe mai, è un leader nato. Sì, non
riesco a pensare ad un uomo migliore di lui”.
Base sotterranea AIM.
In breve, nonostante la netta inferiorità
numerica, tutti gli uomini dell’ AIM vengono soggiogati. Ma qualcuno è ancora
insoddisfatto. Colui che si proclama il nuovo Bucky afferra un criminale per la
tuta, gli toglie il casco e praticamente gli urla in faccia:”Cosa state facendo
in questo laboratorio? Dimmelo o ti spezzerò un dito. E poi un altro dito, ed
un altro, finché non ti deciderai a parlare”.
L’ uomo risponde, troppo intimorito per fare il gradasso. “T… Testavamo un
nuovo agente cancerogeno, da poter impiegare contro i superesseri. Sembra che
solo il cancro infatti sia in grado di farvi restare morti”.
Bucky lo scaraventa a terra.
“Mister, tu ci devi spiegare molte cose” interviene Vagabond.
“Non ho nulla da spiegarvi” ribatte lui “Piuttosto pensiamo a radere al suolo
questa base ed a consegnare questi criminali alla giustizia”.
“Parli di giustizia tu, che non hai esitato ad infliggere inutile dolore ai
tuoi avversari?” lo accusa Thin Man.
“Gli unici metodi necessari contro persone di questo tipo”.
“Sai una cosa? Sono d’ accordo con te”.
Di nuovo la voce suadente, invitante. Gli eroi si sentono obbligati a volgersi
verso di essa.
“Conosco uno di voi” dice Priscilla Lyons “Il Controllore, ma…”.
“Gli altri sono Mentallo ed il Corruttore” spiega American Dream, che ha svolto
bene i suoi compiti a casa grazie all’ apporto di suo fratello “Non riconosco
però quel tizio con l’ armatura dorata e colui che ha appena parlato”.
“Ahimè, è triste vedere la mia popolarità in così netto calo. Certo, fino ad
ora ho affrontato solo gli X-Men, ma speravo che almeno il mio volto vi fosse
noto”.
“Cosa vuoi?” chiede un sospettoso Bucky.
Vincent Vaughn si avvicina. E nuovamente i suoi occhi emettono quella intensa,
quasi seducente luce rossa. “Voglio che mi seguiate”.
Gli eroi si bloccano sul posto, ammaliati dall’ uomo. Sono ai suoi voleri.
“Molto bene, ora andiamocene via subito” propone il Corruttore.
“Non ancora” ribatte Vincent.
“Ma perché?” esclama Basil Sandhurst “I tizi dell' AIM sono stati sconfitti, ci
penseranno i Vendicatori o i Fantastici Quattro a curare i malati di questa
città. Cosa vuoi ancora?”.
“L’ arma che l’ AIM stava progettando in questo posto, come vi ho detto prima.
Può essere molto utile per i miei futuri obiettivi”.
“Così metti a rischio tutto” dice Marvin Flumm.
“La mia intera vita è stata un rischio continuo. Solo che stavolta trionferò,
posso soggiogare chiunque prima ancora che costoro possano fare qualcosa. Sì,
io, Mesmero, oggi trionferò!”.
CONTINUA...
PROSSIMAMENTE
Tutti
i segreti di Mesmero
Note dell' Autore: L’ idea di un Bucky afroamericano non è nuova, sia in
casa Marvel (l’ attuale Battlestar) che da noi (vedi la miniserie degli
Invasori): questo Bucky sarà in qualche modo legato a loro? Oppure c'è una più
sottile ed incredibile verità su di lui? Un mistero che avrà risoluzione, ma
non in questa minisaga.
Doveroso comunque specificare che "Bucky" in alcuni stati americani è
considerato un nomignolo offensivo con cui rivolgersi ai neri. Ma costui ha un
buon motivo per utilizzare questo alias... lo scopriremo.